Scopri come una raccolta di ulive a Montalcinello si è trasformata in un’epopea tra fatica, ironia e orgoglio: l’olio, un vero atto eroico.
Ci sono due prospettive nella vita: quella di quando entri in un supermercato, guardi una bottiglia d’olio a 12 euro e borbotti “Ma son matti?”, e quella di quando quell’olio lo produci tu.
Allora ti accorgi che non è un prezzo, è un atto eroico.
Domenica 19 ottobre, sotto un sole generoso, abbiamo raccolto le ulive di un appezzamento di una ventina di piante in località Campaione , una cornice così scenografica che Montalcinello sembrava un set cinematografico (vieni a vivere con noi!). Qualcuno ha iniziato la mattina, i rinforzi sono arrivati nel pomeriggio, e in quattro abbiamo fatto il possibile (e l’impossibile).
Reti da 25 metri che abbracciano più piante, due abbacchiatori elettrici, e tanta buona volontà: 195 chili di ulive che al frantoio Pagliaia di Radicondoli si sono trasformati in 21,5 chili d’olio. Resa dell’11%.
Al frantoio mi dicono: “C’è chi ha fatto il 13%”. Sorrido. Perché, in realtà, ogni uliveto è una storia a sé, e ogni olivicoltore , anche improvvisato come me , combatte battaglie diverse.
Io, per esempio, vengo dall’ignoranza più totale. Quest’anno mi aggiravo tra gli alberi convinto di poter raccogliere “alla vecchia maniera”, con i rastrelli a mano e un telo 4x8.
Avevo sbagliato tutto!
Ho imparato, però, e qui vi lascio i punti per me salienti (sale in zucca) per una raccolta organizzata ed efficiente.
1. Non farli andare troppo su (gli ulivi).
I rami verticali danno olive, sì, ma anche una buona dose di frustrazione. Se l’abbacchiatore non ci arriva, l’unico modo è tagliarli. Meglio tenerli a portata.
2. Dimenticatevi gli Amish.
Raccogliere a mano è poetico solo finché non lo fai davvero.
La verità? È autolesionismo agricolo. I tempi si dilatano e le olive, se non vanno subito al frantoio, iniziano a deteriorarsi. Morale: abbacchiatori elettrici tutta la vita, meglio se con la batteria nello zainetto.
3. Pulite il terreno.
Rovi, erba alta, arbusti: sono i nemici invisibili delle reti.
Fate un giro prima con il ronzino o con il trincia: vi risparmierà ore e santi invocati.
4. Mosca dell’ulivo: non è un optional.
Ho messo una trappola ogni due piante, ma non basta mai. Costano poco e fanno la differenza. Meglio abbondare, perché quest’anno la mosca c’era , eccome se c’era dalle foto in basso.
5. Reti lunghe e scorrevoli.
Quelle a strisce, che coprano almeno due o tre piante alla volta, sono la chiave per scorrere.
6. Squadra motivata, stomaco pieno.
Niente raccolta senza cibo e giusta retribuzione. L’olio buono nasce anche dal rispetto reciproco, non dallo sfruttamento di conoscenti ed amici.
7. Ascolta le olive, non i dogmi.
C’è chi dice “prima”, chi “dopo”. Io ho imparato a guardarle: quando sono metà verdi e metà violacee, quello è il momento giusto per coglierle.
Alla fine, più che un lavoro, la raccolta è un piccolo rito.
Ogni bottiglia d’olio nasconde una fatica fisica (carne crepata, si dice qui) e tanto orgoglio.
Serve l’attrezzatura giusta, un’organizzazione mentale che io non avevo e la grinta che ho sempre: senza, trasformi il campo in un labirinto di reti, rovi e frustrazione.
Sì, se conti le ore spese a potare, pulire e raccogliere, comprarlo al supermercato sarebbe mille volte più conveniente.
Ma forse è proprio in questa anomalia, in quella differenza tra una verità raccolta a fatica e un’ipocrisia facile venduta, che scelgo per tutta la vita la prima.
Sta cominciando il mio nuovo viaggio al centro della terra 🧑🌾






